articolo pubblicato su www.ItaliaFutura.it – il 3 dicembre 2012
La mancanza di una tassazione sugli immobili come l’ICI, viene considerata da molti come una anomalia nel sistema tributario italiano rispetto ai sistemi degli altri Paesi membri dell’Unione Europea, essendo il nostro l’unico Stato ad averla abolita.
La reintroduzione della stessa viene ormai data per certa e, stando alle fonti giornalistiche, potrebbe essere reinserita a fianco di una tassazione patrimoniale, di cui può esserne considerata una parte. Essendo tale imposta calcolata sulle rendite catastali ed essendo tali valori fermi al 1996, per una questione di equità viene ipotizzata una rivalutazione delle stesse
Nel dibattito dei giorni scorsi, è emersa una posizione alquanto interessante del professor Vaciago, ordinario di politica economica alla Cattolica di Milano: la tassa sulla casa, così come la patrimoniale, colpisce il passato, in quanto ad essere tassati sono i risparmi fin qui prodotti e, se tali maggiori entrate vengono usate per ridurre la tassazione sui lavoratori e sulle imprese (e quindi il lavoro), può diventare un incentivo al futuro.
I risparmi e gli stessi beni immobili che sono stati accumulati, anche con sacrificio, negli ultimi decenni, sono stati possibili grazie ad un periodo espansionistico dovuto in larga parte all’aumento del debito pubblico. Ora che le nuove generazioni sono chiamate a coprire tale debito, si dovrebbe usare il principio dell’equità introducendo anche in questa tassa tutti i correttivi possibili per incentivare il futuro.
Una proposta in tal senso è la tassazione sul valore immobiliare di mercato al netto di eventuali mutui residui: in questo modo si potrebbe fare una distinzione tra chi è veramente proprietario di un immobile e chi invece, come potrebbe essere una giovane coppia che decide di investire sul futuro, compra casa accendendo un mutuo.
L’applicazione di una tassazione sul valore immobiliare netto avrebbe effetti più equi tra le generazioni.