Una ricorrenza per riflettere sul nostro futuro
Il 9 maggio di ogni anno è dedicato alla “festa dell’Europa” per celebrare la pace e l’unità in Europa.
La data simbolo è stata scelta in onore dello storico discorso di Schuman pronunciato nel 1950, nel quale l’allora ministro francese degli Esteri lanciò la roadmap necessaria ad una nuova forma di cooperazione europea.
Con l’obiettivo del mantenimento della Pace tra le nazioni europee, ritenne che fosse necessaria, come passaggio intermedio, la costituzione di un’istituzione europea per mettere in comune e gestire la produzione del carbone e dell’acciaio.
La sua intuizione era basata sul pensiero che “L’Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto” e quindi mettendo a fattor comune la principale materia prima delle armi si sarebbe di fatto reso impensabile una guerra tra le nazioni europee. Di conseguenza le produzioni di carbone e di acciaio avrebbero “assicurato subito la costituzione di basi comuni per lo sviluppo economico, prima tappa della Federazione europea”.
Simbolicamente oggi inizia per l’Unione Europea, realizzazione concreta del sogno dei fondatori, un anno cruciale. Prima, a ottobre, per le elezioni politiche in un paese centrale come la Germania e poi, per le elezioni del Parlamento Europeo nelle quali probabilmente, per la prima volta, le grandi famiglie politiche europee presenteranno ai cittadini il proprio candidato per la Presidenza della Commissione Europea e un programma concreto per l’Europa.
Sarà l’occasione per attuare quella maggiore integrazione oltre che economica anche politica che si concretizzerà innanzitutto nella formazione di una “opinione pubblica europea” che nella contesa elettorale si confronterà trasversalmente e democraticamente su quali soluzioni sono utili per risolvere i problemi dei cittadini e consentire loro di realizzare le proprie aspirazioni nel continente.
A distanza di molti decenni dallo storico discorso di uno dei padri dell’Europa, dobbiamo trovare ora la forza di ripercorrere il metodo delle “realizzazioni concrete” per costruire l’Europa delle persone, dando centralità di obiettivo all’emergenza odierna sui temi occupazionali.
Il 28° Stato invisibile che si è formato all’interno dell’Unione Europa ed è costituito dai 26 milioni di disoccupati necessita di risposte concrete con politiche orientate alla crescita occupazionale.
Un piano continentale ampio ed ambizioso con programmi per l’impiego dei giovani (come lo Youth Guarantee) e l’incentivazione di nuovi progetti di crescita della cittadinanza europea come l’erasmus degli startupper o il servizio civile europeo (un periodo di lavoro “sociale” in un paese diverso dal proprio all’interno dell’Unione).
Aumentare le interconnessioni, lo scambio di idee, di esperienze e di modalità operative potrebbe consentire all’Europa di uscire dalle secche di questa crisi facendo leva su quanto di meglio abbiamo: il talento e l’imprenditorialità.